Se la ristorazione amasse di più l’olio – da doctorwine.it
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•Mancano ancora poche settimane prima che il frinire delle cicale rilassate tra vari pini marittimi delle nostre coste cominci ad attenuarsi fino all’ultimo sussurro. Tempo di riflessioni. Sono giunto ad una constatazione amara comprendendo, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’olio extravergine di oliva per gran parte della nostra ristorazione, più che un condimento nutraceutico per l’uomo e un esaltatore di sapori per la tavola, è una seccatura.
In questa calda estate, complici i miei due marmocchi di 2 e 5 anni, ho frequentato diversi ristoranti di stabilimenti balneari e luoghi di villeggiatura. Insalate di mare caldo con pesci davvero freschi, spaghetti alle arselle appena sgusciate, branzini non di allevamento con patate e zucchine di campo, insalate di riso, capresi e tante altre pietanze tipicamente estive, condite con oli imbarazzanti, per non usare altri aggettivi che potrebbero portare alla querela. Purtroppo ciò non accade solo in deschi stagionali quali marine o bagni della Versilia o della costa Romagnola. I ristoranti financo con tanto di stella sul petto, servono un condimento apparentemente extravergine, senza chiusura ermetica, magari appena rabboccato, perché tanto nessuno lo saprà mai e la legge Mongello “salva olio”, che richiede bottiglie anti riutilizzo, è ancora lontana dalla sua attuazione. Se può il ristoratore, che non sta attento a uno degli ingredienti più importanti della cucina mediterranea, evita di appesantire il suo budget mensile già assai oberato da spese burocratiche folli, nell’acquisto di decine di bottiglie magari di piccole dimensioni per far conoscere al commensale nuovi gusti e nuovi aromi che renderanno unici i piatti dell’estate.
Il motivo per cui continuiamo ad avere sulle tavole della ristorazione italiana oli difettati e maleodoranti, che rovineranno irrimediabilmente il piatto, è dovuto alla nostra ignoranza, inteso ovviamente nel senso etimologico della parola. Nessuno di noi si sognerebbe di bere un vino a tutto pasto che sapesse di tappo. In oltre quarant’anni abbiamo saputo attraverso corsi, lezioni e soprattutto decine e decine di “bevute”, riconoscere i difetti del vino. Se non siamo noi, sarà l’amico che siede con noi o addirittura il sommelier o il patron che ci saprà aiutare e cambierà immediatamente la bottiglia. Ma quanti di noi sanno riconoscere un olio difettoso, soprattutto se già inserito nel piatto? Fin che non ci alleneremo a riconoscere i veri difetti dell’olio, ma soprattutto i profumi eccezionali che possiamo ritrovare negli oli fatti bene di tutte le regioni italiane, non riusciremo a convincere il ristoratore, come abbiamo fatto per il vino, che un olio extravergine di eccellenza costa un po’ di più ma esalta tutta la sua cucina e porta nuovi avventori incuriositi e amanti del buon cibo regionale e internazionale.